Il mesto epilogo del caso Englaro ha in buona parte eclissato una triste commemorazione. È invece giusto e doveroso ricordare l’immane orrore di quanto commesso, nel nord-est d’Italia, dai comunisti titini, prima e dopo la fine del 2° conflitto mondiale.
È cento volte più importante e doveroso, però, denunciare la connivente complicità di tutti i partiti della sedicente democrazia, sorta dalle ceneri del Regime, che - nella più assoluta soggezione ai dettami del P.C.I., guidato da quel pendaglio da forca di Palmiro Togliatti, bieco servo del suo mentore Stalin - ha coperto, seppellendoli sotto una pesante coltre d’oblio durata 60 anni, quegli atroci eventi.
Sentire Napolitano, oggi sedicente “presidente di tutti gli italiani” - all’epoca dei fatti giovane convinto comunista e successivamente, durante i lunghi anni del penoso oblio, dirigente di spicco di quello stesso infame partito - commemorare le vittime, non può che provocare un effetto rivoltante e far riflettere su quanto sia granitica l’ipocrisia dei vecchi comunisti e breve, l’umana memoria.
Un’unica magra soddisfazione, queste tristi commemorazioni quest’anno si svolgono in un Parlamento dove l’insanguinato ed odioso vessillo, ornato dalla falce e martello, ha finalmente smesso di sventolare.
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