lunedì 2 maggio 2016

NON E’ QUESTIONE DI RAZZA MA DI ABISSO INTERCULTURALE


Tra tutte le terribili storture caratteristiche dell’evoluzione culturale dell’Occidente, durante gli ultimi sessant'anni, ce n’è una, in particolare, che considero veramente assurda. Essa si configura in quello che non esito a definire “tabù della razza”. Per quanto sia facilmente individuabile la ragione dell’insorgenza di detta assurdità, che prende origine da alcuni eccessi, difficilmente giustificabili, compiuti nella prima metà del secolo ventesimo, a me è sempre risultato impossibile, in quanto assolutamente illogico e contrario al buonsenso, accettare che la Specie umana non sia composta da diverse Razze. Sebbene dal secondo dopoguerra ad oggi, le regole del “politically correct” abbiano cercato in ogni modo di impormi tale tabù, io ne sono rimasto assolutamente immune. Questo, insieme ad altre idee, non proprio orientate secondo il pensiero dominante, in gioventù, mi hanno causato non pochi “fastidi.
Questo ha fatto sì che mi sia da lungo tempo abituato a scorgere sul viso dei miei più diversi interlocutori quella particolare espressione, fatta di stupore, orrore e sdegno, che si dipinge invariabilmente sui loro volti, a cui segue, variamente declinata, la seguente esclamazione: “ma questo è razzismo!”.
Questo in effetti è razzismo, ma solo se per razzismo intendiamo rifiutare di guardarsi intorno, con le fette di prosciutto sugli occhi.
Affermare che un europeo bianco e un africano subsahariano nero, appartengano alla stessa razza, perché non esistono diverse razze ma un’unica “razza umana”, (affermazione molto in voga tra l’intellighenzia “sinistroso-progressista”) è una semplice idiozia sul piano antropologico, e la moderna scienza genetica recentemente ha riempito scaffali di tomi dimostrando rigorosamente che il patrimonio genetico delle diverse razze non è affatto “uguale”, bensì ovviamente differisce di valori percentuali ben individuati. Anche perché altrimenti sarebbe come dire che un chihuahua e un danese, per il fatto che appartengono alla stessa specie, quella dei canidi, sono “uguali” e appartengono alla stessa razza, cosa che oltre a confliggere con la logica, confliggerebbe anche con l’oculistica. Ebbene, se questo è razzismo, io sono razzista e lo rivendico con orgoglio.

Quindi sul fatto che l’umanità sia divisa in razze, può fare più o meno piacere, ma assolutamente non ci piove. Stabilito questo occorre piuttosto valutare, il più oggettivamente possibile, quanto sul fattore razziale incidano le differenze “culturali”, che sono direttamente connesse ai fattori ambientali.

Messo da parte il fatto che, personalmente, se fossi stato costretto a scegliere, piuttosto che “meticciarmi” avrei preferito estinguermi, la valutazione dell’influsso delle “culture locali” sulle razze sconfina rapidamente in un terreno insidioso quanto più si allontana dall’oggettività della scienza, per addentrarsi nella soggettività della sociologia, pseudo-scienza che, a mio  parere, nulla ha in comune con la scienza.
Personalmente quindi mi attengo alla pura osservazione della realtà, limitandomi a constatare che indipendentemente dall’aplogruppo d’appartenenza quello che caratterizza i comportamenti “sociali” dei gruppi umani è piuttosto la cultura o la barbarie insita nel “modus vivendi” del gruppo.

Non nego, anzi rivendico, il fatto che il giudizio circa ciò che nei comportamenti umani sia ascrivibile alla categoria della “cultura” e a quella della “barbarie”, sia funzione del punto di vista, ergo, del gruppo di appartenenza.
Non è inoltre mia intenzione né interesse, stabilire una classifica tra “modi di vita”, in particolare tra il modo di vita “del mondo occidentale” e quello del “mondo islamico”, affermando la superiorità di un modus rispetto all’ altro. Considero però assolutamente doveroso evidenziarne l’assoluta incompatibilità. Contestando fermamente l’assurdo concetto di “civiltà multiculturale” che i   fatti hanno dimostrato senza alcun dubbio essere un falso mito foriero delle nefaste ben evidenti conseguenze.

Quindi, massimo rispetto per ogni “cultura” in quanto genuina espressione di popoli diversi che si sono sviluppati in contesti naturali, storici e con tradizioni, religioni e credenze, differenti, che pertanto hanno egual valore assoluto e sacrosanto diritto all’esistenza, ma in territori diversi e ciascuno all’interno dei propri chiari e ben controllati confini.
In conclusione quindi, fuori tutti i mussulmani dall’Europa e fuori tutti gli occidentali dai paesi islamici.