Tra tutte le terribili storture
caratteristiche dell’evoluzione culturale dell’Occidente, durante gli ultimi
sessant'anni, ce n’è una, in particolare, che considero veramente assurda.
Essa si configura in quello che non esito a definire “tabù della razza”. Per
quanto sia facilmente individuabile la ragione dell’insorgenza di detta
assurdità, che prende origine da alcuni eccessi, difficilmente giustificabili,
compiuti nella prima metà del secolo ventesimo, a me è sempre risultato
impossibile, in quanto assolutamente illogico e contrario al buonsenso,
accettare che la Specie umana non sia composta da diverse Razze. Sebbene dal
secondo dopoguerra ad oggi, le regole del “politically correct” abbiano cercato
in ogni modo di impormi tale tabù, io ne sono rimasto assolutamente immune.
Questo, insieme ad altre idee, non proprio orientate secondo il pensiero
dominante, in gioventù, mi hanno causato non pochi “fastidi.
Questo ha fatto sì che mi sia da
lungo tempo abituato a scorgere sul viso dei miei più diversi interlocutori
quella particolare espressione, fatta di stupore, orrore e sdegno, che si
dipinge invariabilmente sui loro volti, a cui segue, variamente declinata, la
seguente esclamazione: “ma questo è razzismo!”.
Questo in effetti è razzismo, ma
solo se per razzismo intendiamo rifiutare di guardarsi intorno, con le fette di
prosciutto sugli occhi.
Affermare che un europeo bianco e
un africano subsahariano nero, appartengano alla stessa razza, perché non
esistono diverse razze ma un’unica “razza umana”, (affermazione molto in voga
tra l’intellighenzia “sinistroso-progressista”) è una semplice idiozia sul
piano antropologico, e la moderna scienza genetica recentemente ha riempito
scaffali di tomi dimostrando rigorosamente che il patrimonio genetico delle
diverse razze non è affatto “uguale”, bensì ovviamente differisce di valori
percentuali ben individuati. Anche perché altrimenti sarebbe come dire che un
chihuahua e un danese, per il fatto che appartengono alla stessa specie, quella
dei canidi, sono “uguali” e appartengono alla stessa razza, cosa che oltre a
confliggere con la logica, confliggerebbe anche con l’oculistica. Ebbene, se
questo è razzismo, io sono razzista e lo rivendico con orgoglio.Quindi sul fatto che l’umanità sia divisa in razze, può fare più o meno piacere, ma assolutamente non ci piove. Stabilito questo occorre piuttosto valutare, il più oggettivamente possibile, quanto sul fattore razziale incidano le differenze “culturali”, che sono direttamente connesse ai fattori ambientali.
Messo da parte il fatto che,
personalmente, se fossi stato costretto a scegliere, piuttosto che “meticciarmi”
avrei preferito estinguermi, la valutazione dell’influsso delle “culture
locali” sulle razze sconfina rapidamente in un terreno insidioso quanto più si
allontana dall’oggettività della scienza, per addentrarsi nella soggettività
della sociologia, pseudo-scienza che, a mio
parere, nulla ha in comune con la scienza.
Personalmente quindi mi attengo
alla pura osservazione della realtà, limitandomi a constatare che
indipendentemente dall’aplogruppo d’appartenenza quello che caratterizza i
comportamenti “sociali” dei gruppi umani è piuttosto la cultura o la barbarie insita
nel “modus vivendi” del gruppo.
Non nego, anzi rivendico, il
fatto che il giudizio circa ciò che nei comportamenti umani sia ascrivibile
alla categoria della “cultura” e a quella della “barbarie”, sia funzione del punto
di vista, ergo, del gruppo di appartenenza.
Non è inoltre mia intenzione né interesse,
stabilire una classifica tra “modi di vita”, in particolare tra il modo di vita
“del mondo occidentale” e quello del “mondo islamico”, affermando la
superiorità di un modus rispetto all’ altro. Considero però assolutamente
doveroso evidenziarne l’assoluta incompatibilità. Contestando fermamente l’assurdo
concetto di “civiltà multiculturale” che i
fatti hanno dimostrato senza alcun dubbio essere un falso mito foriero
delle nefaste ben evidenti conseguenze.
Quindi, massimo rispetto per ogni
“cultura” in quanto genuina espressione di popoli diversi che si sono
sviluppati in contesti naturali, storici e con tradizioni, religioni e
credenze, differenti, che pertanto hanno egual valore assoluto e sacrosanto diritto
all’esistenza, ma in territori diversi e ciascuno all’interno dei propri chiari
e ben controllati confini.
In conclusione quindi, fuori tutti i mussulmani dall’Europa
e fuori tutti gli occidentali dai paesi islamici.