In questo secondo
articolo, focalizzato su di un libro giovanile del “nostro” Richard Nikolaus di
Coudenhove-Kalergi, cercheremo sinteticamente di dare qualche notizia su uno
dei saggi filosofico-sociologici più misteriosi e controversi della Storia
contemporanea.
Il libro vero, scritto
nel 1926 in lingua tedesca è introvabile. Ne circola in rete almeno una
traduzione in francese, che lo fa apparire come una strana “fantasticazione”
spiritualistico-medievale, oscillante tra l’aristocrazia feudale della spada e
l’aristocrazia dello spirito. L’edizione originale, stampata in tiratura
limitata, si dice sia stata addirittura ritirata dal commercio poco tempo dopo
la sua pubblicazione, al contrario di “Paneuropa”,
come già sappiamo scritto dallo stesso autore, tradotto in varie lingue e
ristampato. Presente nella biblioteca di molti studiosi e testo di studio dei
corsi di “scienze politiche”.
Chi abbia avuto modo di
leggere e comprende “Praktischer
Idealismus”, in quanto scritto in madre lingua o di leggerlo accuratamente,
quanto “privatamente” tradotto; lo descrive come un libro davvero interessante
e utile per ben comprendere l’impressionante
dinamica del mondo che ci circonda, che appare folle a chi non ne conosce il contenuto ma è dotato di mente critica, che
per qualche ragione è rimasta immune dalla pervasività del “pensiero unico, imposta
da 70 anni di egemonia culturale, esercitata con spietata quanto discreta
efficienza, dalle sinistre europee, uscite vincitrici ed investite “coram
populo” del compito di guidare il radioso sviluppo del continente, uscito
devastato dalla II Guerra Mondiale.
Ma veniamo al contenuto
del saggio, che a una prima lettura, appare decisamente sconcertante e solo in
un secondo momento e dopo un’attenta rilettura critica, confrontata con le
cronache di questi ultimissimi anni, si disvela in tutta la sua potenza. Al
punto da lasciare il lettore affascinato e nel contempo atterrito, dal disegno
che in esso si delinea.
Innanzi tutto occorre
precisare che non si tratta di un vero e proprio “piano”, bensì di quelle che
potremmo definirne le “linee guida filosofiche”, l’elaborazione teorica che
poi, osservando a ritroso gli sviluppi che ci portano ai giorni nostri, si
comprende possa essere alla base di una sorta di “Piano per lo sviluppo
dell’Europa”. Come se qualcuno, dotato di grande influenza e ingenti risorse,
si fosse impossessato di quest’idea e avesse fatto in modo da “pianificarne” in
qualche modo la concretizzazione. Qui sorge il primo “problema”, che assume la
veste del dubbio. Staremo forse cedendo alla tentazione di abbandonarci alla
solita “sindrome del complotto”?
Del resto come dicevamo
nel precedente articolo, a ben cercare in rete, si scovano diversi scritti che
etichettano esattamente così, tutta la spinosa vicenda.
In estrema sintesi,
Kalergi in “Praktischer Idealismus”, descrive apertamente quella che, secondo
lui, dovrebbe essere la fase finale dello sviluppo dei futuri abitanti
dell’Europa, che, alla fine di un lento
ma costante processo di “mescolanza razziale” diverranno una sorta di razza “subumana”
– (“untermensch” - in lingua
tedesca), che avrà sostituito le
popolazioni autoctone europee, fortemente radicate nei loro territori e legate
da Storia, cultura e tradizioni secolari, che ne hanno esasperato l’“identità”,
rendendole aggressive l’una contro le altre.
Nel saggio egli descrive
le tappe per giungere al risultato di cui sopra. Consistenti nell’abolizione
del “diritto di autodeterminazione dei
popoli” e successiva eliminazione delle Nazioni, per mezzo di movimenti
etnici separatisti, o “dell’immigrazione
incontrollata di massa”, affinché in Europa si affermi incontrastata una
razza “meticcia”, formata dall’incrocio
di bianchi, neri e asiatici, dalle caratteristiche fisiche “mulatte”, simile
agli antichi egizi, facilmente plasmabile e dominabile dall’élite. A questi
“meticci”, privi per definizione di radici storiche e culturali, attribuisce
caratteristiche quali crudeltà, infedeltà, avidità etc.; a suo dire necessarie
a conseguire e giustificare la superiorità dell’élite.
A questo punto sorge
spontanea ed inevitabile la seguente domanda: “quale sarebbe, secondo il nostro
illuminato filosofo, l’élite”? Spiace sinceramente doverlo dire, perché qui si
attiveranno cori di sdegno e stracciamento di vesti, ma secondo lui, l’élite
non potrà che essere il popolo ebraico, nei secoli selezionato da spietate
persecuzioni e ghettizzato al punto, da essersi mantenuto “puro”.
Facile notare a questo
punto la sinistra analogia,
specularmente capovolta, con le idee che poi porteranno allo scoppio della II
Guerra Mondiale.
Giova richiamare il
contesto storico durante il quale Kalergi scrive il suo saggio. Da poco più di
sei anni era terminata la Grande Guerra, immane massacro, deflagrato in Europa
a seguito di fortissime tensioni inter-etniche.
Non dimentichiamo
altresì che sono gli anni dell’elaborazione della teoria “Eugenetica della
razza” che poi guarda caso sarà alla base del famigerato “Mein Kampf”, che un
certo Herr Adolf Hitler, anch’egli austriaco, ancorché appartenente ad una
diversa classe sociale, scrive nel 1925, durante il suo periodo di prigionia
successivo al fallito “putsch” di Monaco del novembre 1923.
Nel prossimo articolo
un’analisi comparativa di quanto sopra con la realtà, oggettivamente “strana”
che ci circonda.