domenica 30 giugno 2019

“PRAKTISCHER IDEALISMUS” O IL PIANO KALERGI PER L’EUROPA


In questo secondo articolo, focalizzato su di un libro giovanile del “nostro” Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, cercheremo sinteticamente di dare qualche notizia su uno dei saggi filosofico-sociologici più misteriosi e controversi della Storia contemporanea.
Il libro vero, scritto nel 1926 in lingua tedesca è introvabile. Ne circola in rete almeno una traduzione in francese, che lo fa apparire come una strana “fantasticazione” spiritualistico-medievale, oscillante tra l’aristocrazia feudale della spada e l’aristocrazia dello spirito. L’edizione originale, stampata in tiratura limitata, si dice sia stata addirittura ritirata dal commercio poco tempo dopo la sua pubblicazione, al contrario di “Paneuropa”, come già sappiamo scritto dallo stesso autore, tradotto in varie lingue e ristampato. Presente nella biblioteca di molti studiosi e testo di studio dei corsi di “scienze politiche”.
Chi abbia avuto modo di leggere e comprende “Praktischer Idealismus”, in quanto scritto in madre lingua o di leggerlo accuratamente, quanto “privatamente” tradotto; lo descrive come un libro davvero interessante e utile per ben comprendere l’impressionante dinamica del mondo che ci circonda, che appare folle a chi non ne conosce il contenuto ma è dotato di mente critica, che per qualche ragione è rimasta immune dalla pervasività del “pensiero unico, imposta da 70 anni di egemonia culturale, esercitata con spietata quanto discreta efficienza, dalle sinistre europee, uscite vincitrici ed investite “coram populo” del compito di guidare il radioso sviluppo del continente, uscito devastato dalla II Guerra Mondiale.
Ma veniamo al contenuto del saggio, che a una prima lettura, appare decisamente sconcertante e solo in un secondo momento e dopo un’attenta rilettura critica, confrontata con le cronache di questi ultimissimi anni, si disvela in tutta la sua potenza. Al punto da lasciare il lettore affascinato e nel contempo atterrito, dal disegno che in esso si delinea.
Innanzi tutto occorre precisare che non si tratta di un vero e proprio “piano”, bensì di quelle che potremmo definirne le “linee guida filosofiche”, l’elaborazione teorica che poi, osservando a ritroso gli sviluppi che ci portano ai giorni nostri, si comprende possa essere alla base di una sorta di “Piano per lo sviluppo dell’Europa”. Come se qualcuno, dotato di grande influenza e ingenti risorse, si fosse impossessato di quest’idea e avesse fatto in modo da “pianificarne” in qualche modo la concretizzazione. Qui sorge il primo “problema”, che assume la veste del dubbio. Staremo forse cedendo alla tentazione di abbandonarci alla solita “sindrome del complotto”?
Del resto come dicevamo nel precedente articolo, a ben cercare in rete, si scovano diversi scritti che etichettano esattamente così, tutta la spinosa vicenda.
In estrema sintesi, Kalergi in “Praktischer Idealismus”, descrive apertamente quella che, secondo lui, dovrebbe essere la fase finale dello sviluppo dei futuri abitanti dell’Europa, che, alla fine di un lento ma costante processo di “mescolanza razziale” diverranno una sorta di razza “subumana” – (“untermensch” - in lingua tedesca), che avrà sostituito le popolazioni autoctone europee, fortemente radicate nei loro territori e legate da Storia, cultura e tradizioni secolari, che ne hanno esasperato l’“identità”, rendendole aggressive l’una contro le altre.
Nel saggio egli descrive le tappe per giungere al risultato di cui sopra. Consistenti nell’abolizione del “diritto di autodeterminazione dei popoli” e successiva eliminazione delle Nazioni, per mezzo di movimenti etnici separatisti, o “dell’immigrazione incontrollata di massa”, affinché in Europa si affermi incontrastata una razza “meticcia”, formata dall’incrocio di bianchi, neri e asiatici, dalle caratteristiche fisiche “mulatte”, simile agli antichi egizi, facilmente plasmabile e dominabile dall’élite. A questi “meticci”, privi per definizione di radici storiche e culturali, attribuisce caratteristiche quali crudeltà, infedeltà, avidità etc.; a suo dire necessarie a conseguire e giustificare la superiorità dell’élite.
A questo punto sorge spontanea ed inevitabile la seguente domanda: “quale sarebbe, secondo il nostro illuminato filosofo, l’élite”? Spiace sinceramente doverlo dire, perché qui si attiveranno cori di sdegno e stracciamento di vesti, ma secondo lui, l’élite non potrà che essere il popolo ebraico, nei secoli selezionato da spietate persecuzioni e ghettizzato al punto, da essersi mantenuto “puro”.
Facile notare a questo punto la sinistra analogia, specularmente capovolta, con le idee che poi porteranno allo scoppio della II Guerra Mondiale.
Giova richiamare il contesto storico durante il quale Kalergi scrive il suo saggio. Da poco più di sei anni era terminata la Grande Guerra, immane massacro, deflagrato in Europa a seguito di fortissime tensioni inter-etniche.
Non dimentichiamo altresì che sono gli anni dell’elaborazione della teoria “Eugenetica della razza” che poi guarda caso sarà alla base del famigerato “Mein Kampf”, che un certo Herr Adolf Hitler, anch’egli austriaco, ancorché appartenente ad una diversa classe sociale, scrive nel 1925, durante il suo periodo di prigionia successivo al fallito “putsch” di Monaco del novembre 1923.
Nel prossimo articolo un’analisi comparativa di quanto sopra con la realtà, oggettivamente “strana” che ci circonda. 

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