lunedì 5 maggio 2008

COMMEMORAZIONE DI UN GENOCIDIO

Tra aprile e maggio del 1975, con l'invasione dalla Cambogia operata dai Khmer Rossi, iniziava il luminoso cammino per raggiungere il nobile obiettivo di rieducare il popolo cambogiano conducendolo in una sorta di paradiso agreste collettivizzato, luogo ideale, dove realizzare i sacri principi laici di uguaglianza e giustizia sociale tanto cari, oggi come allora, ai teorici del Comunismo.
In quei tragici giorni, la storia ci insegna, è iniziata la scrittura dell'ennesima, ma non ultima, pagina nel libro degli orrori perpetrati nel nome dell'ideologia comunista.
I guerriglieri rossi, guidati dal folle Pol Pot, imperversarono per quattro lunghi anni, stravolgendo con inaudita e programmata ferocia l'organizzazione sociale. Stravolgimento operato svuotando la capitale Phnom Penh, (2 milioni di abitanti) in 24 ore, separando a forza le famiglie ritenute nucleo fondante del sistema borghese, torturando e uccidendo chi portava gli occhiali perché colpevole di saper leggere, chiudendo fabbriche ed uffici, distruggendo scuole, incoraggiando la delazione e il sospetto. I fratelli dovevano denunciare i fratelli. I figli i genitori. L'unica forma di organizzazione socio-economica ammessa: le comuni agricole, autentici campi di concentramento recintati con filo spinato. La sola forma di lavoro: quello manuale.
Questo scampolo di paradiso terrestre si concludeva con l'invasione vietnamita del 1979. Nel frattempo erano morte due milioni (2.000.000) di persone. Le radici storiche, culturali, economiche e sociali di una nazione erano state annientate. Le cataste di ossa calcinate dal sole sono ancora oggi visibili, esposte ad imperitura memoria.
I quadri dell'allora P.C.I., tra i quali spiccavano i nomi di D'Alema, Cossutta, Bassolino e Napolitano, attualmente riciclati, all'epoca dei fatti non mancarono di manifestare appoggio incondizionato e solidarietà totale all'azione dei Khmer Rossi di Pol Pot, firmando un documento che recitava: "occorre sviluppare un grande movimento di solidarietà e di appoggio ai combattenti. Ogni democratico, ogni comunista, sia, come sempre, al loro fianco".
Dopo poche settimane dall'instaurazione del "paradiso comunista" sull'Indocina calerà un imbarazzato silenzio e l'atroce genocidio verrà scientificamente attuato con la complice indifferenza dell'intellighenzia "progressista".
Eppure i signori sopraccitati e i troppi loro ottusi seguaci, fattisi ricostruire chirurgicamente l'imene virginale, sono ancora qui oggi ad ergersi quali unici veri depositari della democrazia.
Ancor oggi nelle nostre piazze si vedono sventolare le bandiere rosse, ancor oggi esistono due partiti che si definiscono orgogliosamente comunisti, finalmente fuori dalle aule parlamentari, relegati al pallido e mortifero simulacro di quello che furono.

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