venerdì 19 settembre 2008

CLAMOROSO AUTOGOL DELLA CGIL

Premessa: stiamo parlando di Alitalia, una compagnia aerea, dal passato prestigioso, devastata dalla cattiva politica, sostenuta dal peggior clientelismo, di matrice “prima repubblica”. Una società tecnicamente morta da almeno 10 anni, che ogni governo ha artificiosamente sostenuto con poderose iniezioni di denaro pubblico, solo e soltanto per evitare di mettere la mano nel vespaio. Feudo super sindacalizzato di personale super-privilegiato che ha causato, con la complicità di un management incapace, quanto disonesto, una situazione di “coma irreversibile”.

La storia recente è da tutti conosciuta. Il maldestro tentativo di svendita ad Air France, architettato dall’agonizzante governo Prodi, l’opposizione dei sindacati al piano di ristrutturazione, la fuga della compagnia francese anche caldeggiata dal futuro nuovo governo.

L’angosciosa vicenda prosegue col nuovo governo, appunto, che si fa carico di cercare una soluzione alternativa che salvaguardi l’”Italianità” della Compagnia di Bandiera, questo per ragioni di prestigio, ma soprattutto per salvaguardare gli interessi italiani in campo turistico, comparto strategico per la nostra economia, sottoposta all’aggressiva concorrenza, guarda il caso, della Francia.

Contro ogni previsione, e con sonoro scorno, di una sinistra, nel frattempo sempre più in crisi di idee e di consenso, il” Berlusca” trova una cordata di imprenditori, ripeto, imprenditori, non dame di carità, che, vista la situazione, valutati i conti, tracciato un piano, fanno una proposta.

La proposta, vista la situazione nel frattempo diventata drammatica, non può prescindere da un costo doloroso, come ogni ristrutturazione aziendale, ma soprattutto deve assolutamente prevedere una netta discontinuità con la mala gestione precedente. Quindi, oltre ad un'inevitabile riduzione di personale - che verrebbe comunque sostenuto da lauti ammortizzatori e condotto per mano ad nuovo impiego - prevede ritocchi al ribasso degli stipendi e aumenti di produttività. Giova ricordare che stiamo parlando di lavoratori coccolati, per decenni, con costosi privilegi tipici di un’impresa statale. Semplici misure dettate dal buonsenso, alle quali la cordata concede, a seguito di estenuanti trattative, modifiche migliorative, non trascurabili, volute dai rappresentanti sindacali.

Appare evidente, sin dalle prime battute, la pressione della sinistra che pur di evitare l’ennesimo trionfo berlusconiano, con ulteriore balzo in avanti dei sondaggi, non lesina sforzi per far fallire l’intesa. Agile strumento di questo gioco allo sfascio, la CGIL che col suo insopportabile leader Epifani, si schiera dalla parte dei piloti che continuano pervicacemente a rimanere sulle loro posizioni, di difesa ad oltranza dei loro privilegi.

La cordata di imprenditori, valutata la situazione e considerata l’irremovibile impuntatura, decide che non ci sono le possibilità per siglare l’accordo e ritira la proposta di acquisto.

La CGIL resta, come si usa dire, col cerino in mano, se non altro perché gli acronimi dei sindacati dei piloti, non se li ricorda nessuno.

Cosa fare ora dei 20.000 dipendenti? In un paese serio, pagato l’ultimo stipendio, saldato il TFR e le eventuali ferie arretrate, li si saluterebbe, senza nemmeno parlare di cassa integrazione o ammortizzatori sociali di sorta. Loro hanno voluto il fallimento, rifiutando una proposta che avrebbe riportato l’impresa in attivo salvaguardando la grande maggioranza di posti consentendo ai colleghi espulsi ampi e succulenti ammortizzatori? Ne paghino le conseguenze, facendo come i brookers della banca d’affari americana che in poche ore hanno messo tutto nel loro scatolone e, senza battere ciglio, si stanno dando daffare per cercare un lavoro, accettando nel frattempo di fare il pizzaiolo o il tassista, pur di sbarcare il lunario.

Qui da noi vedremo. Certamente chi è tanto sconsiderato da mandare all’aria una soluzione come quella proposta, plaudendo al fallimento, pretende in modo naturale di essere sostenuto a spese della collettività.

Stupido chi gli concederà questa possibilità e fessi noi che pagheremo.

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