martedì 11 dicembre 2007

TOGLIATTI, IL MIGLIORE?

In questi giorni è d’attualità parlare di “Cosa rossa”, intendendo, con questo termine, una sorta di raggruppamento di partitini che vantano orgogliosamente la discendenza diretta dal Partito Comunista Italiano. Hanno anche celebrato una sorta congresso di fondazione. L’avvenimento mi stimola a ripubblicare un post, scritto qualche anno fa e pubblicato sul vecchio KAVDAX, che tratteggia la figura del co-fondatore di quel mostro storico che fu il P.C.I.

La lettura di quanto segue può essere istruttiva per comprendere i paradossi della Storia, specie se si riflette sul fatto che ad un simile spregevole pendaglio da forca sono intitolati vie, piazze e viali della nostra Italia.



Il “Migliore” o Compagno Ercoli, al secolo Palmiro Togliatti, è ormai accertato che fu quella che brillantemente venne definita una meteora triste e tragica che attraversò il XX secolo. Operò in buona parte d’Europa e soprattutto in Unione Sovietica - nazione della quale assunse la cittadinanza - come dirigente d’alto rango del Komintern.

«E’ per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere dieci volte più del migliore italiano». (XVI Congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica, pagina 185 del resoconto stenografico dell’intervento di Palmiro TOGLIATTI)


Fondatore, insieme ad Antonio Gramsci, suo amico e compagno di studi a Torino, del Partito Comunista d’Italia fondato a Livorno nel 1921, dimostrerà sin dall’inizio quel cinismo che fu tratto caratteristico del suo infido carattere abbandonando al suo destino il ben più idealista compagno d’avventure intravedendo in lui, con ogni probabilità, un pericoloso concorrente per la guida del partito del quale diventerà l’incontrastato ed incontrastabile dominatore. Togliatti percorre inarrestabile una buona metà del secolo scorso, senza che il minimo dubbio lo sfiori, un ripensamento lo incrini, la cultura ne faccia vacillare qualche certezza: eroe eponimo nella nomenklatura sovietica del Terrore.Al termine della seconda guerra mondiale - oltre a decretare, nei fatti, la condanna a morte di gran parte dei reduci dell’ARMIR prigionieri in Russia - sebbene sia ampiamente nelle sue facoltà intervenire in favore degli italiani dell’Istria non muove un dito condannando centinaia di italiani all’infoibamento perpetrato con metodica efficienza dai feroci partigiani guidati dal maresciallo Tito - non solo nei confronti di ex Fascisti, ma anche di semplici italiani colpevoli solo di essere italiani - prima e dopo la fine del conflitto.
«Se un buon numero di prigionieri morirà in conseguenza delle dure condizioni di fatto non ci trovo assolutamente nulla da dire. Anzi, il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, il più efficace degli antidoti. Io non sostengo che i prigionieri si debbano sopprimere, ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia». (risposta di Palmiro TOGLIATTI alle sollecitazioni di quanti gli chiedevano di intercedere presso Stalin, a favore dei reduci di guerra italiani prigionieri in Unione Sovietica)

Nel dopoguerra, rientrato nella tanto disprezzata Italia, dove pochi anni prima si sentiva un “miserabile mandolinista”, si mette subito al lavoro. Tutto si può dire del “Migliore” fuorché che non fosse un infaticabile lavoratore. Partecipa alla stesura della Carta Costituzionale della neonata Repubblica, sino al 1947, ricopre incarichi ministeriali, dirige il partito e in parallelo si dedica alacremente all’infaticabile lavoro di promozione culturale e di produzione editoriale (Einaudi, Feltrinelli, Fondazione Gramsci) gettando le solide basi della grande mistificazione operata dalla storiografia ufficiale. E’ costretto ad accettare che nella logica di spartizione delle zone di influenza decisa prima della fine del conflitto all’Italia fosse riservato un destino diverso da quello toccato all’est. Questo fa sì che non possa ottenere l’aiuto sovietico ad un rivolgimento violento del nostro Paese. Di conseguenza deve rinunciare ad attuare la tanto agognata rivoluzione che ci avrebbe aggiogato all’impero del terrore dispoticamente dominato dal suo fraterno amico e mentore, il “Piccolo Padre” noto al mondo anche col sopranome di Stalin, uno dei più grandi criminali della Storia, al cui confronto il pur criminale Adolf Hitler fa la figura di un bambino pescato con le mani nel barattolo della marmellata.La lettura dei documenti conseguente all'apertura degli archivi segretissimi del KGB, oltre a documentare impietosamente quanto sopra, dimostra ampiamente che il Partito Comunista italiano era un alleato ferreo della politica sovietica e che tutto è cominciato da lui il compagno Ercoli. L’opera è stata degnamente proseguita dai suoi degni successori. Il PCI è stato complice dei massacri perpetrati nel nome di Stalin, ed è sopravissuto, col suo imponente apparato, grazie ai finanziamenti ricevuti da Mosca. Ma questo è un altro filone della Storia.
A tal proposito concludo col testo del telegramma inviato in occasione della morte di Stalin da un certo Enrico Berlinguer - futuro segretario del PCI - nel 1953 presidente della Federazione mondiale della gioventù democratica:
" A nome tutta gioventù italiana, ispirandoci insegnamento immortale grande scomparso, assumiamo solenne impegno di dare tutte le nostre energie per tenere sempre alta la bandiera di Stalin ”. Oltre a provare i brividi per le scellerate parole, non posso fare a meno di chiedermi con quale sfacciataggine si sia arrogato il diritto di parlare a nome di tutta la gioventù Italiana.
Lascio al lettore il giudizio se Togliatti, alla luce di quanto sopra, meriti o meno la definizione “celebrativa” di “grande personalità e padre costituente” . Personalmente ritengo che un simile bieco e tragico personaggio avrebbe, lui sì, meritato la fine che fu riservata, al suo più grande antagonista in un lugubre mattino di fine aprile del 1945.

Ma questo è un altro paradosso della Storia.

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