lunedì 27 ottobre 2008

VELTRONIANA PUERILITA' 2

Il povero WV, s’impegna con pervicacia ma non riesce proprio ad apparir credibile.

Sabato 25 si è tenuta la nota manifestazione. Manifestare è perfettamente legittimo, ci mancherebbe il contrario. Il punto sta nel fatto che, dopo aver tanto atteso, prima di scendere in piazza sarebbe stato meglio collegare il cevellino. Mi direte: bisognerebbe averlo il cervellino, ed in effetti il problema, come sappiamo, sta tutto lì.

Quello che si è visto al Circo Massimo altro non è che il trito e ritrito copione, ormai logorato dall’uso, del più becero anti-berlusconismo. L’unica buona “intuizione” del nostro, consistita nel tentativo di cambiar registro, si è con tutta evidenza infranta sugli scogli del dissenso interno e della pressione di Di Pietro.

Inoltre, sparare la cifra di 2,5 milioni è davvero da fessi. Considerando la popolazione della Capitale intorno ai 3 milioni, ce lo spiega il caro Walter come avrebbero fatto ad essere presenti al Circo Massimo 2,5 milioni di persone? Ha idea, il nostro “immaginifico”, della logistica che occorre per spostare, dentro una città come Roma, 3 milioni di persone? Considerando poi che al massimo, la zona ne contiene 300.000?

Il povero WV, in drammatico calo di consensi, annaspa sempre più disordinatamente, senza rendersi conto che così vanifica i sui stessi sforzi. La manifestazione di sabato scorso, se gestita, con giudizio a 360 gradi, avrebbe potuto avere una qualche rilevanza. Così come si è svolta, invece, se ne perderà traccia tra 2 o 3 giorni. Il Paese, o meglio l’occidente intero, si dibatte tra le spire di una delle peggiori crisi dal dopoguerra ad oggi. Bisognerebbe che qualcuno dei suoi accoliti glielo ricordasse ogni tanto.

Il tentativo di cavalcare la protesta studentesca poi, è l’ennesima meschinità. La riforma Gelmini è la sola speranza per iniziare un processo tendente a riqualificare la scuola Italiana, per decenni territorio dominato dalla sinistra con risultati che sono sotto gli occhi di tutti, ottimizzando l’impiego delle risorse scarse, oggi in buona parte sprecate, a fronte di risultati universalmente riconosciuti come degni del terzo mondo.

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